Palermo

Nel nostro sesto giorno di viaggio, on the road per la Sicilia, siamo giunti a Palermo, con un bagaglio di colori, odori ma anche di chilometri percorsi. Il tempo era limitato ma siamo riusciti ad ammirare alcuni tesori del capoluogo, con qualche bella sorpresa prima di ritornare in Puglia.

Prima tappa il Palazzo Reale, la più antica residenza reale d’Europa che poggia su un’antica costruzione punica, fortificata dai greci e dagli arabi, divenuta nel tempo importante centro della cultura e dell’arte.

La visita alla Cappella Palatina è una delle cose imprescindibili da fare. Trattasi di una basilica in stile normanno-bizantino, voluta da Ruggero II d’Altavilla, il primo re normanno di Sicilia, e consacrata nel 1140, completamente ricoperta da mosaici. E’ davvero splendida e per osservare ogni dettaglio bisognerebbe stare ore intere con il naso all’insu’.

Ruggero II aveva una visione molto aperta della tolleranza religiosa e perciò chiamò alla realizzazione della cappella arabi e normanni. Questi ultimi a quei tempi erano analfabeti e perciò i mosaici erano un modo per far conoscere i testi sacri.

Alla destra dell’ingresso, il candelabro monolitico alto oltre quattro metri, un capolavoro scultoreo in marmo bianco diviso in cinque ordini che poggia su quattro leoni, simbolo dei normanni, che azzannano uomini e animali. Al centro del candelabro è raffigurato Cristo con la barba, seduto su un cuscino, che tiene in mano un libro. Ai suoi piedi si vede la figura di un uomo in abiti ecclesiastici, probabilmente lo stesso Ruggero II.

Al secondo livello, si trovano gli appartamenti reali molto belli sia per la presenza dei decori sia per gli elementi di arredo.

Con nostra grande emozione, era allestita all’intero del palazzo la mostra di Steve MC Curry: “For Freedom”: una raccolta di volti di donne afgane che hanno perso il diritto allo studio e alla vita sociale, un nuovo appello al mondo che si è dimenticato troppo in fretta del passato.

Le Chiese barocche sono i fiori all’occhiello dei paesaggi cittadini siciliani. Molte di queste costruzioni presentano una variante autonoma del genere Barocco, in cui è preponderante l’uso dei colori, dei marmi e delle decorazioni.

Noi abbiamo scelto, nel nostro tempo esiguo, di visitare la chiesa del Gesù di Palermo, meglio conosciuta come Casa Professa, una delle più imponenti e spettacolari chiese barocche di tutta la Sicilia. Un tripudio di marmi, stucchi e decorazioni, che rivestono ogni centimetro quadrato della superficie interna.

La chiesa è la manifestazione della presenza e del lavoro dei gesuiti. Costoro si impegnarono nell’istruzione, istituendo collegi e scuole ed intraprendendo missioni per arrestare l’ondata di protestantesimo. L’interno è ricco di colori e iconografie che celebrano la gloria di Gesù e della Madonna. Sono raffigurati elementi astratti, ma anche animali, umani e fiori, realizzati in marmo mischio e tramischio, in un’esplosione di colori e grandezza.
Del resto, lo scopo primo del Barocco è quello di diffondere la dottrina cattolica attraverso lo sfarzo e la grandiosità e spettacolarità della propria arte. Impossibile rimanere indifferenti di fronte alla spettacolarità di quest’opera.

Non si può andar via da Palermo senza avere visto il mercato di Ballarò. Qui si entra subito in un altro mondo, fatto di voci, di urla, di cui spesso non capisci il senso, avverti solo i suoni che si sovrappongono, ti circondano e ti confondono. E poi vedi i colori, così accesi, delle innumerevoli varietà di frutta e verdure fresche che attirano lo sguardo. E poi senti gli odori, quelli più forti, del pesce appena pescato, quelli più inebrianti delle tante spezie e piante aromatiche, quelli più tenui e freschi della frutta e delle verdure. Non puoi fare a meno di assaggiare un’arancia, una spremuta di melagrane, di comprare un prodotto locale da portare via.

Sui banchi davanti alla gente che passa le cose più inimmaginabili: piattini di sarde, di beccafico, polpi interi scottati in acqua e gettati su una piastra, spiedini, un tripudio di colori, di sapori, di cibi.

Tra i vicoli del quartiere Ballarò è ancora possibile imbattersi nell’antica bottega di Antimo, calzolaio e nel coloratissimo atelier del cuoio di Massimo e Gino, di cui ho parlato nell’articolo dedicato alle botteghe siciliane. https://wordpress.com/post/rondinelleinviaggio.family.blog/423

Palermo appare come una città eclettica e versatile e trai vicoli, sia di giorno che la sera, è sempre una gran festa.

All’ora del crepuscolo vicoli e piazze si trasformano in suggestive location di food&drink. Anche in inverno ci si può sedere fuori nei dehors contemplando la scenografia che offre la città, fastosi palazzi nobiliari, giardini lussureggianti e scorci pittoreschi che trasudano storia.

La stanchezza a fine tour, dopo quasi 800 km percorsi, è visibile sui nostri volti, ma speriamo di ritornare presto in Sicilia, che è entrata a pieno titolo nel nostro cuore.

Sicilia bedda

Siamo a marzo, giornate ancora fredde, con pochi turisti in giro e ci siamo potuti godere una Marzanemi quasi deserta.

Frazione marinara del comune di Pachino, in provincia di Siracusa, Marzamemi è uno dei primi insediamenti arabi in Sicilia, sviluppatosi soprattutto grazie alla pesca, in particolare quella del tonno. Ed è proprio dalla vecchia tonnara che ha preso vita tutto il borgo, sviluppatosi intorno ad una piazza centrale e affacciato sul Mar Ionio. Un borgo antico così suggestivo e romantico che sempre di più sta incuriosendo turisti e viaggiatori che ogni anno si affollano in tutte le stagioni.

Resterete incanti a guardare la pietra degli edifici che cambia colore con il variare delle ore e ad ammirare le porte e le finestre color del cielo, gustando del buon pesce nei tantissimi ristoranti presenti.

Riprendiamo il viaggio fuori dalla rotta turistica ed entriamo nel cuore di Noto Antica, alla scoperta di Cava Carosello.

Bellissima città medievale distrutta dal terremoto del 1693. Percorriamo un canyon di estrema bellezza, tra ciò che rimane del castello e delle possenti mura della città, chiese, vecchi mulini ad acqua e antiche concerie, lungo il corso del fiume Asinaro. Muoversi tra le macerie di questa città distrutta è stata davvero un’emozione indescrivibile, abbiamo provato ad immaginare i volti di chi un tempo vi abitò per poi lasciarci travolgere solo dai suoni della natura.

CAVA CAROSELLO
GRANCHIO DI ACQUA DOLCE
INGRESSO CONCERIA
CONCERIA

Le nostre successive tappe si sono spostate tra le ”perle” del Barocco. Abbiamo deciso, però, di darvi solo delle ‘pillole’ di bellezza in modo da alimentare la vostra curiosità.

Iniziamo da Noto, il cui centro vi lascerà davvero senza parole, con palazzi nobiliari, chiese e conventi costruiti dopo il terribile terremoto del 1693 nell’affascinante stile barocco siciliano.

PARTICOLARE BALCONE DI NOTO

ll modo per apprezzare al meglio il centro storico di Noto è quello di perdersi tra le sue strade, imbattersi in chiese e palazzi che si affacciano su scalinate, viuzze o ampi piazzali. Sono un tripudio di bellezza e storia, simbolo di un tempo in cui la cittadina era meta di re e principi.

C’è il palazzo con le stanze neoclassiche dove dormì Re Ferdinando, oppure quello dove i marchesi danzavano con la regina. C’è la dimora decorata da trompe l’oeil, e ancora il palazzo che ospitò negli anni Trenta i principi di Piemonte, Umberto e Maria Josè di Savoia.

PALAZZO NICOLACI
PALAZZO DUCEZIO, SEDE DEL MUNICIPIO
PALAZZO DUCEZIO, SALA DEGLI SPECCHI

Proseguiamo alla volta di Ragusa. Il terremoto del 1693 segnò la seconda vita della città sotto il segno del barocco che rinacque dalle macerie, più bella di prima. Ragusa superiore con le sue chiese, le rocche, i passaggi che salgono in verticale. E poi Ibla (in siciliano “lusu”, ovvero quello che giace sotto) è un miraggio di luci e di ombre, con la piazza centrale che è un salotto a cielo aperto dove il tempo sembra essersi fermato. E dove si susseguono cortili segreti, dimore aristocratiche, chiese spettacolari.

VEDUTA RRAGUSA IBLA

Girovagando per il ragusano è facile imbattersi in vere e proprie bellezze. A pochi chilometri dal capoluogo è possibile far visita al castello di Donna Fugata. Tradizione vuole che la regina Bianca di Navarra vedova del Re reggente del regno di Sicilia, pur essendo fuggita, vennisse catturata e imprigionata nel castello dal Conte, aspirante al trono.

Al di là delle diatribe intorno all’etimologia del nome, il Castello di Donnafugata, dal XIV secolo, ha 120 stanze e un parco adiacente con un spettacolare e suggestivo labirinto, in cui non è stato semplice trovare l’uscita.

Scrivo questo articolo, per varie motivazioni a giugno quando le temperature esterne sono ormai elevate, ma la mente va a quei giorni miti con la felpa e la giacca a vento.

Ed è già nostalgia 😍🌸