Roma, a presto.

Con questi ultimi ricordi si chiude il breve viaggio a Roma.      Nelle gambe abbiamo ancora gran voglia di andare, di vedere, perchè la grande sfida non è solo accumulare ricordi, ma vedere, vivere.

Per quest’ultimo giorno ci siamo rivervati la visita ad un palazzo antico, ingrigito dallo smog della città, ma ancora sontuoso: palazzo Doria Pamphilj, di proprietà della nobile famiglia che ha fatto la storia di Roma. La casata annovera un papa, Innocenzo X, dal quale ebbe origine la collezione ospitata ancora all’interno del palazzo. E’ lo stesso erede Jonathan Doria Pamphilj, ha raccontarci la storia della famiglia attraverso l’audio guida. Il pontefice Innocenzo X nominò nel 1644 suo nipote Camillo cardinale, lui però disattendendo la volontà dello zio, rinunciò alla propria carica cardinalizia per sposare Olimpia Aldobrandini. Olimpia portò in dote il palazzo e una grande collezione di dipinti e sculture, che affluirono in quella che oggi è nota come la collezione Doria Pamphilj.

L’impressione entrando è di grandiosità e magnificenza.         La collezione racconta il raffinato gusto delle famiglie Pamphilj e Aldobrandini, che nei secoli non si fecero mai mancare opere dei più grandi artisti, da Caravaggio a Guido Reni, da Raffaello ad Annibale Carracci, Carlo Saraceni e Velazquez.

Il capolavoro di Velazquez ci attende in una piccolissima sala blu, affiancato al busto realizzato da Gian Lorenzo Bernini. Impossibile non rimanere sopraffatti dell’intensità dello sguardo di Innocenzo X, che sembra ci osservi da dentro il dipinto.

Da Palazzo Doria ci siamo diretti verso Piazza Navona, arredata in questo periodo da bancarelle, luci, pallocini e dall’iconica giostra. La Piazza è una delle più caratteristiche di Roma, costruita dalla famiglia Pamphili, simbolo della Roma barocca.

Interamente rivestita di sampietrini ha un obelisco e tre fontane, la Fontana del Moro, la Fontana del Nettuno e la più nota, la Fontana dei Quattro Fiumi opera del Bernini.    

Non poteva mancare la mostra “Emotion” d’arte, presso il Chiostro del Bramante, un percorso espositivo dedicato ai sentimenti, in cui stupirsi, commuoversi, gioire, ma anche provare imbarazzo, paura e nostalgia.

In una stanza l’unico arredo era un materasso, con quali e quante parole può essere identificato? Per me è OFF, fermarsi, restare in silenzio, non aver fretta, anche se quella fretta io ce l’ho addosso e fa parte di me da sempre. Ma è stato comunque un bagliore che induce a riflettere.

La struttura, progettata dal Bramante, al suo interno ospita anche una sala decorata su tutte le pareti, soffitto compreso, con la coloratissima opera “Love Trap!” degli artisti Fallen Fruit. La sala si chiama “stanza delle Sibille” per via di una finistrella che affaccia proprio sull’opera affrescata di Raffaello, “Sibille e Angeli”, situata nell’adiacente Chiesa di Santa Maria della Pace.

Al tramonto decidiamo di attraversare il ponte più scenografico della città, con tutte le statue che, a destra e a sinistra, accompagnano lo sguardo di chi raggiunge Castel Sant’Angelo. Sono trascorsi quasi duemila anni dalla costruzione nel 123 d.C. del mausoleo funebre fatto erigere dall’imperatore Publio Elio Traiano Adriano, per sè e per la sua famiglia.

Durante questi diciannove secoli di storia questo monumento romano ha subito molte modifiche strutturali e cambiamenti d’utilizzo, da sepolcro imperiale a castello fortificato, da palazzo rinascimentale, residenza papale, a oscura prigione, giungendo infine ai giorni nostri in veste di museo.

Il nome di Castellum Sancti Angeli  fu dato al monumento nel IX secolo per la diffusione in quell’epoca della leggendaria apparizione avvenuta nel VI secolo, dell’Arcangelo Michele che rifoderò la sua spada fiammeggiante mentre era in corso una processione religiosa di tre giorni, per chiedere la fine di un’epidemia di peste che devastava la città.
Venne anche collocata sulla sommità del castello una statua in legno dell’Arcangelo Michele, che nei secoli è stata sostituita da altri esemplari.

E’ già sera e i nostri bagagli sono pronti per il treno delle 17 del giorno dopo. Avevamo ancora tempo da dedicarci.              Così abbiamo deciso la mattina seguente di andare a Villa Borghese, un parco nel cuore di Roma che nasce nel 1600 come villa di proprietà della famiglia Borghese per poi allargatasi nel tempo con nuovi possedimenti. Nel 1901 venne acquistata dallo Stato Italiano e due anni dopo ceduta al Comune di Roma. Siamo arrivate al laghetto, dove sorge un piccolo tempio dedicato ad Esculapio, siamo saliti, su una barchetta a remi e ci siamo immersi tra cigni, papere e simpaticissime tartarughe, in un turbineo di risate.

Da non perdere il panorama offerto dalla Terrazza del Pincio, che si affaccia direttamente su Piazza del Popolo.              

Un viaggio di tre giorni che, con questa scrittura e questi scatti, si è già trasformato in uno splendido ricordo.

Roma antica, 2°giorno

Il nostro appartamento si trovava nel quartiere Rione Monti, una posizione davvero strategica e molto tranquilla, a pochi passi dal Colosseo, che con la sua imponente struttura e l’aurea mitica si staglia limpido all’orizzonte.

Abbiamo acquistato i biglietti attraverso una piattaforma specializzata, poiché comprarli direttamente dal sito del parco è stata un impresa pressoché impossibile, anche settimane prima della partenza.

Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio, è un monumento iconico di Roma, costruito nel I secolo d.C., durante il governo degli imperatori della dinastia Flavia e poteva ospitare fino a 80.000 spettatori. Era utilizzato per una varietà di eventi pubblici, tra cui giochi gladiatori, battaglie navali simulate, cacce di animali selvatici e rappresentazioni teatrali.

La mattina era dedicata alle “venationes”, ossia la battaglia e la caccia di animali selvatici. Conclusa la caccia, e rimosse le carcasse, l’anfiteatro era pronto per le esecuzioni, gare di atletica e spettacoli comici. Al tramonto arrivava il momento più atteso della giornata, quello dei combattimenti tra gladiatori, che si sfidavano fino alla morte o alla resa di uno dei due.

Fa strano pensare che in questa arena gladiatori e prigionieri si affrontavano in combattimenti all’ultimo sangue per dare spettacolo all’imperatore.

Usciti dal Colosseo siamo entrati nell’area dei Fori Imperiali, un vero labirinto tra resti dei fori costruiti da Cesare, Augusto, Nerva e Traiano.

Fu il brillante intelletto di Cesare a partorire la geniale idea di erigere il primo sito e nel 46 a.C. iniziarono i lavori.

Nel Medioevo i fori subirono un lento ma inesorabile processo di demolizione e molte perle del complesso archeologico sparirono, per lasciare posto ai primitivi complessi urbani di case popolari e edifici religiosi. Per fortuna negli anni 30, prese il via il progetto finalizzato a restituire al mondo questo splendido museo a cielo aperto.

Dopo un piccolo spuntino ci siamo avviati al Pantheon. Costruito nel 27 a.C. da Agrippa e riedificato da Adriano (110-125). Inizialmente era luogo di culto pagano, per divenire poi una chiesa cristiana e mausoleo di uomini illustri (i re d’Italia Vittorio Emanuele II e Umberto I).

La cupola del Pantheon è un vero gioiello di tecnologia che ha retto a 2000 anni di terremoti. Venne costruita seguendo una tecnica d’avanguardia che usava materiali sempre più leggeri mentre ci si spostava verso l’alto. Al culmine c’è una grande apertura detta oculus’, l’occhio dal quale penetra l’unica fonte di luce che ha consentito gli studi di astronomia. Si dice che nel Pantheon non piova mai. In realtà l’apertura crea un “effetto camino” cioè una corrente d’aria ascensionale che porta alla frantumazione delle gocce d’acqua. Così, anche quando la pioggia fuori è battente, la sensazione è che all’interno piova meno. Centralmente, sul pavimento, ci sono poi fori di drenaggio, che impediscono il formarsi di pozzanghere.

Proseguiamo verso la bellissima fontana di Trevi e ci fermiamo per le foto, non dimenticando di effettuare il rituale lancio della monetina. La Fontana di Trevi è un capolavoro barocco di marmo bianco che contrasta con il turchese dell’acqua della vasca. Raffigura il dio marino Oceano su un carro trainato da cavalli guidati da tritoni. E’ una delle location più amate e conosciute di Roma, sempre particolarmente affollata.

Dalla Fontana di Trevi raggiungiamo Piazza di Spagna, la scalinata brulica di gente.

Prima di partire ho l’abitudine di stilare una lista di luoghi particolari da vedere e nell’elenco avevo inserito l’ospedale delle bambole, in via Roma.


Avevo letto che trattasi un’officina storica che produce e ripara bambole, dal 1939. Avevamo immaginato un luogo di pura poesia, con tantissimi occhi di bambole di tutti i colori, ma anche braccia e gambe, i cosidetti pezzi di ricambio. Immaginate la nostra delusione nel vedere un restauratore poco incline, in quel momento, a spiegare perchè non ci fosse un reparto ospedaliero di bambole.

Ma non è stata questa la nostra meta finale.

Eravamo desiderosi di visitare la Basilica di San Pietro. Ed eccoci, dopo quasi 30 minuti a piedi, immersi nella omonima piazza, come piccole formichine. Attorno a noi i due colonnati semicircolari che conducono verso la Basilica posta al centro. La coda per entrare nella Basilica era abbastanza scorrevole e mancava veramente poco alla chiusura dei tornelli.

Superati i dovuti controlli, abbiamo varcato questo scrigno, dove sono conservate opere d’arte dal valore impareggiabile come la Pietà di Michelangelo, la Cupola di Michelangelo e, lungo la navata centrale, il Baldacchino di Bernini. La Basilica di San Pietro è incantevole, immensa e affascinante allo stesso tempo.

Termina così il diario di viaggio del nostro secondo giorno in Roma. Stanchi, affamati e con tanta voglia di riposare, decidiamo di risparmiare le ultime forze, cenando a casa dopo aver acquistato tutto il necessario presso il mercato Rione Monti.

La mia app “contapassi”, a fine serata segnava 14 km, 22.421 passi.

Nel cuore di Roma.

Come ogni anno ci siamo regalati alcuni giorni da vivere insieme e vi assicuro che non è semplice quando qualcuno vive all’estero e magari preferisce tornare a casa per riposare. Ma credo che poi tutto venga ricompensato dal viaggio sentimentale che viviamo.

Abbiamo deciso di tornare a Roma dopo quasi 15 anni, con occhi diversi per noi adulti, con una luce tutta nuova per Nicole e Giada che non sono mai state nella città eterea.

Siamo arrivati comodamente con il treno, ore 13 del 26 dicembre, alla Stazione Termini e abbiamo raggiunto l’appartamento dove il nostro premuroso host Alessandro ci stava attendendo. Abbiamo sistemato i bagagli e ci siamo diretti, senza esitare, verso Trastevere.

Ogni città ha al suo interno un vero e proprio scrigno, basta allontanarsi dalle solite rotte turistiche e perdersi tra i vicoli.

Con largo anticipo abbiamo prenotato una visita in uno dei luoghi più segreti e nascosti della città: la farmacia più antica, la spezieria di Santa Maria della Scala.

Eravamo in anticipo e nell’attesa siamo entrati nella Chiesa omonima che si trova accanto. Costruita nel periodo 1593-1610 per ospitare l’icona della Madonna della Scala che, nella tradizione, avrebbe miracolosamente guarito un bambino deforme dopo le preghiere della madre. L’edificio ospitava anche un’opera di Caravaggio, Morte della Vergine. Ma poiché il Caravaggio fu sospettato di aver utilizzato, come modella, una prostituta annegata nel Tevere, l’opera fu confinata altrove e sostituita da un’altra con titolo omonimo.

La farmacia si trova al primo piano del convento dei Carmelitani Scalzi, accanto alla Chiesa. Già mentre salivamo ci sentivamo avvolti da un’atmosfera magica. Dietro una porta maestosa si celava un passato fatto di composti-medicinali, un antico microscopio, vasi, bilance, erbe, mortai, un antico erbario e stampi per ricette. Ascoltavamo il frate, affascinati e avvolti dalle sue parole e da quella atmosfera di un lontano tempo passato.

La farmacia nacque nella prima metà del Seicento a cura dei Carmelitani, che, studiosi di chimica e ricercatori scientifici, si occupavano della coltivazione di piante e medicinali necessari alla loro salute e a quella di principi, cardinali e Papi. A fine Seicento, la Spezieria venne messa a disposizione di tutti, per curare il paese afflitto dalla peste.

I frati furono celebri inventori di due rimedi: l’acqua pestilenziale, ritenuta efficace contro la trasmissione e contagio della peste, e l’acqua di melissa, definita come calmante per disturbi isterici. I segreti di questi preparati, e non solo, sono custoditi in un rarissimo e preziosissimo erbario.

Il primo ambiente in cui si entra è la stanza delle vendite. Qui si resta incantati dagli alti scaffali lignei e, soprattutto, da un grande vaso, quello della teriarca, un farmaco composto di 57 sostanze diverse fra cui carne di vipera femmina non gravida, considerata un infallibile antidoto contro i veleni.

Nella sala a fianco, ci sono ancora le scatole in legno di sandalo, che custodivano le sostanze per la produzione dei medicamenti. Sulle ante degli armadi sono dipinti alcuni medici famosi dell’antichità tra cui Ippocrate, Galeno e Avicenna, Mitridate e Andromaco.

Segue un piccolo laboratorio dove venivano preparati i distillati medicamentosi e liquori ed una piccola stanzetta in cui si ritrova ancora una pilloliera che trasformava gli impasti in pillole. La spezieria della Scala è inattiva dal 1954, ma fino ad allora ha distribuito medicinali a prezzi moderati tenendo aperto al pubblico un ambulatorio gratuito. Oggi resta l‘alchimia del passato a guidare il visitatore, insieme ai suoi segreti.

Altra tappa fondamentale se sei a Trastevere è una passeggiata al giardino botanico, che nel periodo natalizio ti regala un ambiente fiabesco, tra installazioni luminose, giochi di luce e proiezioni.

Il percorso si snoda lungo un sentiero facilmente percorribile, dove le installazioni catturano gli sguardi dei bimbi e degli adulti, tutti con il naso all’insù alla ricerca di elementi fantastici. Ed è così che Giada vede delle fatine scendere lungo i raggi di luce proiettati nella Foresta di Bamboo.

Si prosegue tra origami che si colorano a suon di musica in un gioco di luce e controluce e l’installazione Carillon di Luci, interattiva, giocosa e divertente.

Trastevere è uno dei quartieri storici di Roma, portatore e custode dell’anima di una grande città. Camminare fra quei palazzi storici, alzare gli occhi al cielo e visitare almeno qualcuna delle numerose chiese è una tappa obbligatoria se si visita la capitale.

Un’atmosfera a volte intima, a volte frettolosa.

Per cena siamo rimasti in zona, in una trattoria, degustando un’ottima selezione di carni, in un’atmosfera  calda e familiare.

A conclusione del pasto un tiramisù con tanto di candelina da spegnere. Auguri Mamma! Credo che sarà un compleanno da ricordare.