Compleanno a Firenze

Non ci sono dubbi, viaggiare con il sole è il sogno di tutti, beccare un meteo super favorevole però non è sempre così facile. E questa volta temporali e cieli grigi hanno accompagnato il viaggio in Toscana.

Ci siamo armati di cappucci e ombrelli e abbiamo inziato la nostra esperienza in via della Scala, nel centro di Firenze, dove si trova l’Officina di Santa Maria Novella, un luogo quasi segreto che da fuori non si nota.

Tutto è inziato con i frati domenicani che, a partire dal 1221, iniziarono a coltivare, nel piccolo orto adiacente la chiesa di Santa Maria Novella, le erbe officinali che servivano per preparare i medicamenti, i balsami e pomate per la loro piccola infermeria.

Oltre ai prodotti curativi, i frati iniziano la vendita dei profumi, accessibili solo ai più ricchi e fu nientemeno che Caterina de’ Medici, nel 1533, a commissionare il suo profumo. Per lei fu creata un’acqua a base di essenze di agrumi, con una predominanza di bergamotto di Calabria, tutt’ora prodotta.

Gli ambienti sono molto suggestivi: i soffitti sono decorati con affreschi della prima metà dell’Ottocento, i pavimenti in marmo risalgono al 1840 e le stanze sono decorate con vasi originali del 1600. Un luogo veramente inebriante e magico.

Questa incredibile città offre sempre qualcosa di nuovo ed inaspettato, come i curiosi finestrini aperti dalle famiglie fiorentine, sulle facciate dei propri palazzi, per la vendita diretta del vino a fiaschi. Una tradizione iniziata a Firenze cinquecento anni fa, al tempo dei primi granduchi, e poi diffusa in tutta la Toscana anche grazie al “distanziamento sociale” ordinato dal granduca Ferdinando II per combattere la peste, nel 1630.

Una tregua metereologica ci consente di salire su una delle terrazze nel centro città. La splendida cupola della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, simbolo di Firenze, del Rinascimento e dell’umanesimo.

La bellezza da qua sù è amplificata.

Fu costruita tra il 1420 e il 1436 su progetto di Filippo Brunelleschi, come la fiamma di una candela, così da permettere alla struttura di elevarsi curvando in modo graduale. Per far sì che la cupola fosse autoportante l’architetto progettò una struttura molto simile a quella di una botte.

Nella lista dei luoghi insoliti da visitare, non può mancare Palazzo Medici Riccardi, la casa del Rinascimento, in cui hanno dimorato Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico.

Queste mura hanno visto passare i più grandi artisti del tempo come Donatello, Botticelli, Benozzo Gozzoli, Paolo Uccello ma anche letterati e dotti. Era il 1444 quando Cosimo il Vecchio commissionò la realizzazione del palazzo, che sarebbe diventata la casa di famiglia.

Nel 1494, ci fu la cacciata dei Medici da Firenze e quel palazzo di recente costruzione, entrò a far parte delle proprietà del governo repubblicano. La storia è fatta di corsi e ricorsi ed infatti quando fu eletto il papa Leone X de’ Medici, la famiglia Medici si riappropriò dei propri averi, palazzo compreso.

Nel 1659 Ferdinando II de’ Medici cede il palazzo, dietro lauto compenso, al marchese Gabriello Riccardi che lo ampliò, lo ammodernò secondo il gusto barocco dell’epoca. Il palazzo, che prende il nome dal Ricciardi, è ricco di bellissime opere tra cui:

  • il grande affresco, di Luca Giordano, con l’Apoteosi dei Medici in quella che viene chiamata Sala degli Specchi;
  • la Cappella dei Magi affrescata da Benozzo Gozzoli nel 1459.

Poichè spesso la mia ricerca d’arte si focalizza nei palazzi, in un’immersione totale nella vita del tempo, piuttosto che nei musei in senso stretto, non potevano mancare gli appartamenti reali riaperti da poco al Palazzo Pitti.

Oggi Palazzo Pitti è sede di un meraviglioso complesso museale, di cui fanno parte: la Galleria Palatina e gli Appartamenti Reali; la Galleria d’Arte Moderna; il Tesoro dei Granduchi e il Museo della Moda e del Costume.

Edificato su commissione di un mercante e banchiere fiorentino di nome Luca Pitti, il palazzo fu acquistato da Cosimo I de Medici e divenne la nuova residenza ducale in cui si trasferì tutta la corte medicea.

Da allora tutte le famiglie regnanti vi hanno soggiornato: i Medici, i Lorena e infine i Savoia quando Firenze divenne capitale del Regno d’Italia

Attraversando la Galleria Palatina ti ritrovi ad ammirare una collezione straordinaria dei più grandi artisti del periodo rinascimentale e barocco, riuniti in un susseguirsi di sale ed emozioni:Raffaello, Botticelli, Filippo Lippi, Tiziano, Van Dyck, Caravaggio e Rubens.

Gli Appartamenti Reali sono un’armonia artistica e storica straordinaria: uno sfarzoso complesso di sale decorate e ammobiliate, dove risiedevano i membri delle famiglie regnanti, dai Medici ai Lorena, ai Savoia, con mobili provenienti dalle collezioni medicee, lorenesi e sabaude, dal Cinquecento all’Ottocento.

Ora immaginate di camminare in queste sale e di fantasticare sulla vita dei sovrani che per secoli hanno abitato questi ambienti.

Se siete in cerca di spazi suggestivi e diversi da visitare a Firenze, il quattrocentesco Palazzo degli Strozzini è sicuramente uno di questi, nella sua fusione tra cinema e libri. Il cinema Odeon proietta film dagli anni 20 del Novecento, ma oggi con una progetto innovativo al piano terra, dove decine di scaffali di libri, in cui è bellissimo perdersi, hanno preso il posto della platea.

Non poteva mancare un cremoso affogato al caffè in tazzina vintage bianca e blu, della gelateria Vivoli, diventato virale, a seguito di una campagna pubblicitaria del fotografo Sam Youkilis.

Questa giornata a Firenze è stata voluta fortemente così 🙂

Nel cuore di Roma.

Come ogni anno ci siamo regalati alcuni giorni da vivere insieme e vi assicuro che non è semplice quando qualcuno vive all’estero e magari preferisce tornare a casa per riposare. Ma credo che poi tutto venga ricompensato dal viaggio sentimentale che viviamo.

Abbiamo deciso di tornare a Roma dopo quasi 15 anni, con occhi diversi per noi adulti, con una luce tutta nuova per Nicole e Giada che non sono mai state nella città eterea.

Siamo arrivati comodamente con il treno, ore 13 del 26 dicembre, alla Stazione Termini e abbiamo raggiunto l’appartamento dove il nostro premuroso host Alessandro ci stava attendendo. Abbiamo sistemato i bagagli e ci siamo diretti, senza esitare, verso Trastevere.

Ogni città ha al suo interno un vero e proprio scrigno, basta allontanarsi dalle solite rotte turistiche e perdersi tra i vicoli.

Con largo anticipo abbiamo prenotato una visita in uno dei luoghi più segreti e nascosti della città: la farmacia più antica, la spezieria di Santa Maria della Scala.

Eravamo in anticipo e nell’attesa siamo entrati nella Chiesa omonima che si trova accanto. Costruita nel periodo 1593-1610 per ospitare l’icona della Madonna della Scala che, nella tradizione, avrebbe miracolosamente guarito un bambino deforme dopo le preghiere della madre. L’edificio ospitava anche un’opera di Caravaggio, Morte della Vergine. Ma poiché il Caravaggio fu sospettato di aver utilizzato, come modella, una prostituta annegata nel Tevere, l’opera fu confinata altrove e sostituita da un’altra con titolo omonimo.

La farmacia si trova al primo piano del convento dei Carmelitani Scalzi, accanto alla Chiesa. Già mentre salivamo ci sentivamo avvolti da un’atmosfera magica. Dietro una porta maestosa si celava un passato fatto di composti-medicinali, un antico microscopio, vasi, bilance, erbe, mortai, un antico erbario e stampi per ricette. Ascoltavamo il frate, affascinati e avvolti dalle sue parole e da quella atmosfera di un lontano tempo passato.

La farmacia nacque nella prima metà del Seicento a cura dei Carmelitani, che, studiosi di chimica e ricercatori scientifici, si occupavano della coltivazione di piante e medicinali necessari alla loro salute e a quella di principi, cardinali e Papi. A fine Seicento, la Spezieria venne messa a disposizione di tutti, per curare il paese afflitto dalla peste.

I frati furono celebri inventori di due rimedi: l’acqua pestilenziale, ritenuta efficace contro la trasmissione e contagio della peste, e l’acqua di melissa, definita come calmante per disturbi isterici. I segreti di questi preparati, e non solo, sono custoditi in un rarissimo e preziosissimo erbario.

Il primo ambiente in cui si entra è la stanza delle vendite. Qui si resta incantati dagli alti scaffali lignei e, soprattutto, da un grande vaso, quello della teriarca, un farmaco composto di 57 sostanze diverse fra cui carne di vipera femmina non gravida, considerata un infallibile antidoto contro i veleni.

Nella sala a fianco, ci sono ancora le scatole in legno di sandalo, che custodivano le sostanze per la produzione dei medicamenti. Sulle ante degli armadi sono dipinti alcuni medici famosi dell’antichità tra cui Ippocrate, Galeno e Avicenna, Mitridate e Andromaco.

Segue un piccolo laboratorio dove venivano preparati i distillati medicamentosi e liquori ed una piccola stanzetta in cui si ritrova ancora una pilloliera che trasformava gli impasti in pillole. La spezieria della Scala è inattiva dal 1954, ma fino ad allora ha distribuito medicinali a prezzi moderati tenendo aperto al pubblico un ambulatorio gratuito. Oggi resta l‘alchimia del passato a guidare il visitatore, insieme ai suoi segreti.

Altra tappa fondamentale se sei a Trastevere è una passeggiata al giardino botanico, che nel periodo natalizio ti regala un ambiente fiabesco, tra installazioni luminose, giochi di luce e proiezioni.

Il percorso si snoda lungo un sentiero facilmente percorribile, dove le installazioni catturano gli sguardi dei bimbi e degli adulti, tutti con il naso all’insù alla ricerca di elementi fantastici. Ed è così che Giada vede delle fatine scendere lungo i raggi di luce proiettati nella Foresta di Bamboo.

Si prosegue tra origami che si colorano a suon di musica in un gioco di luce e controluce e l’installazione Carillon di Luci, interattiva, giocosa e divertente.

Trastevere è uno dei quartieri storici di Roma, portatore e custode dell’anima di una grande città. Camminare fra quei palazzi storici, alzare gli occhi al cielo e visitare almeno qualcuna delle numerose chiese è una tappa obbligatoria se si visita la capitale.

Un’atmosfera a volte intima, a volte frettolosa.

Per cena siamo rimasti in zona, in una trattoria, degustando un’ottima selezione di carni, in un’atmosfera  calda e familiare.

A conclusione del pasto un tiramisù con tanto di candelina da spegnere. Auguri Mamma! Credo che sarà un compleanno da ricordare.

Viaggio nel tempo, nel borgo delle grotticcelle

Grottole è un borgo a 30 km da Matera, sopravvissuto a terremoti e crolli.

Il nome evoca le “grotticelle”, locali ancora visibili lungo le pendici del paese ed utilizzati dagli artigiani per plasmare dall’argilla vasi e brocche.

Tante salite, tante discese. Su e giù per vicoli e stradine.
Ogni tanto uno spiazzo e uno sguardo giù nella vallata.

Una porta accanto all’altra.

Qui si conoscono proprio tutti. 
Straordinarie abitudini di vita ormai perse nella nostra corsa folle contro il tempo.

Simbolo di Grottole, la Chiesa Diruta, senza dubbio uno dei monumenti più spettacolari di questa magnifica regione.

Questa magnifica opera si presenta scoperta verso il cielo e le stelle, perché priva di cupola, fragile nella sua incompiutezza, ma nel contempo altera nella sua mole. Resta un gioiello ignoto.

Da alcuni punti del paese e scendendo lungo i suoi pendii è possibile ammirare tutt’intorno l’intera valle ed il lago di San Giuliano, un lago artificiale costruito alla fine degli anni ’50 con lo sbarramento del fiume Bradano, al fine di utilizzare le sue acque in agricoltura.

Il lago che si è venuto a formare è lungo circa 10 chilometri e presenta insenature suggestive
Il panorama è spettacolare: una lingua azzurra che si estende nella verde valle. 

Ci sono posti che non si dimenticano e dove il tempo scorre lento. 

Possono essere posti romantici e suggestivi, caotici e disordinati, solitari e silenziosi.

La Basilicata per me era una terra sconosciuta. Ma poi sono arrivati i racconti di una persona cara e ho scoperto uno di quelli che ora definisco luoghi del cuore.


Matera e dintorni

Ci sono stata decine di volte, eppure la sua bellezza non stanca mai. Matera è meraviglia pura, una bellezza unica al mondo.

Per capire meglio la storia di Matera ed emozionarvi vi consiglio di farvi accompagnare da una persona del posto. La nostra guida è stata Giusi, una donna che ama profondamente la sua terra.

La storia ci narra che i  Sassi, fino agli anni ’50, sono stati il simbolo del degrado sociale, un cratere in cui uomini e donne vivevano all’interno di grotte insieme agli animalI, in una situazione di totale assenza di salubrità. Carlo Levi fu tra i primi ad accendere i riflettori sulla città e a scuotere le coscienze.

Con la sua celebre opera, “Cristo si è fermato ad Eboli”, denunciò le condizioni in cui viveva la popolazione materana e diede inizio ad un inaspettato e incredibile processo di rivalutazione.

Nel maggio 1952 venne promulgata la Legge per lo sfollamento dei Sassi, che prevedeva la costruzione di nuovi quartieri popolari, distanti dal centro storico, dove gli abitanti furono costretti a trasferirsi. Nel 1993 iniziò con vigore il riscatto sociale ed architettonico della città, riscattando l’immagine c ad essere una delle mete turistiche più apprezzate nel Mondo.

I Sassi di Matera sono un insediamento rupestre abitato sin dal paleolitico, che rappresenta un esempio emblematico di abitazione concepita in perfetta armonia con il paesaggio. Originariamente gli uomini utilizzarono le grotte naturali e successivamente impararono a trasformarle in base alle proprie esigenze, sino ad arrivare a creare dei veri e propri vicinati.

La piazza su cui si affacciavano queste case, scavate nella collina, su più livelli, era il luogo della condisione della cura dei bambini e degli anziani, il luogo in cui si mettevano in comune le conoscenze e le abilità.La casa aveva una camera multifunzione, adibita allo stesso tempo a luogo di soggiorno, cucina, camera da letto mentre sul fondo spesso vi era spazio per il magazzino e gli animali. Il livello di igiene era davvero scarso e le conduttore di scarico erano a cielo aperto.

Nel nostro tour lungo il sasso Barisano, ci siamo fermati alla Chiesa rupestre di sant’Antonio Abate, dove siamo stati accolti da Eustachio, un signore ottantenne, con il cuore e la mente carichi di un passato che non vuole dimenticare. Ha suonato per noi la Cupa Cupa, strumento musicale che suona da più di 60 anni, intonando una canzone legata alla tradizionale uccisone del maiale. Seppur per pochi attimi queste canzoni aiutavano a nascondere i problemi legati alle dure condizioni di vita.

Ed era festa per tutti.

A pochi km da Matera siamo riusciti ad ammirare un gioello, nascosto in una grotta: La Cripta del Peccato Originale.

Il nome è dovuto al ciclo di affreschi dipinti tra l’VIII e il IX secolo che culminano con episodi della creazione. Incredibilmente vivida è l’immagine di Eva generata dalla costola di Adamo.

Gli affreschi sono caratterizzati da un prato di fiori rossi eleganti e raffinati, i cisti, fiori tipici dell’altopiano murgiano che hanno dato al luogo un secondo nome: la Cripta del Pittore dei Fiori di Matera.

Non ci siamo lasciati scappare l’occasione di visitare Craco, il paese fantasma della Basilicata, così suggestivo da togliere il fiato. Silenzio, strade vuote, nuvole che si muovono all’orizzonte e qualche asinello solitario fanno da cornice alle case aggrappate alla collina.

Craco è stata costruita in un territorio fragile, formato da rocce argillose dove l’acqua ha scavato nel tempo grandi fessure. Nel 1963 una frana e pochi anni dopo, un terremoto, portarono gli abitanti ad abbandonare il paese.

Nel 2011 il comune di Craco ha istituito un piano di recupero del borgo vecchio. Infatti accompagnati da una guida è possibile visitare, in sicurezza, la città che, con i suoi resti, ha ancora tanto da raccontare.

Craco si trova a ridosso di un’area selvaggia caratterizzata da alte montagne di argilla, alcune sono più grandi altre più piccole, circondate da una scarsa vegetazione di arbusti e cespugli. È un posto quasi surreale, silenzioso, avvolto da un’atmosfera di immensa tranquillità: sono i Calanchi.

La nostra giornata è terminata con una brevissima sosta a Pisticci e il suo belvedere, in cui si stagliano,  in netto contrasto con le case bianche a valle,  gli archi del rione Terravecchia.

Le case a valle, tutte bianche con i tetti rossi, sono esempio unico nel suo genere di architettura spontanea contadina. In una notte dell’inverno del 1688, una incredibile nevicata provocò una frana che fece sprofondare due interi quartieri di Pisticci.

Al rifiuto degli abitanti di abbandonare i luoghi del disastro si decise che sul terreno della frana si sarebbero ricostruite le nuove abitazioni.

Nel popolo lucano è radicato un forte legame con la sua terra. Legame che abbiamo trovato a Matera con il suo riscatto collettivo, a Craco e Pisticci nella scelta di non abbandonare la terra, seppur fragile.

Questo legame trova la sua espressione anche nella cucina. Non a caso i piatti più rappresentativi della Basilicata nascono da ricette figlie della cultura contadina.

Ogni lembo di questa terra ha un passato da raccontare. Un passato a volte difficile che raccoglie in sé la forza del riscatto, della consapevolezza, dell’amore.

Per te 😍

La Costiera

Nel nostro primo tour del 2023 ci siamo ritrovati a percorrere la strada panoramica più frastagliata al mondo, ricavata alla fine del XIX secolo nella roccia viva, piena di tornanti, curve strette e virgole di strada, una vera insidia per chi come me soffre di vertigini, perchè fa salire un’ansia indicibile :’).

Prima tappa una piccola cittadina, un vero scrigno che nonostante le sue dimensioni ridotte, riesce a catturare l’attenzione, si tratta di Maiori. Impossibile non innamorarsi.

Maiori si divide tra una zona bassa, con la spiaggia più lunga della costiera (di origine vulcanica) ed una parte più alta, situata su una rocca in cui si trova uno dei simboli della città, la Collegiata di Santa Maria al Mare, nata a difesa della città dall’assalto dei Longobardi. Di qui abbiamo intrapreso il Sentiero dei Limoni, un’antica strada che congiunge Maiori e Minori. Una strada che sa di passato, immersa in uno scenario intriso di poesia, con portoncine che lasciano intravedere interni di intimità familiare. Una passeggiata che riserva davvero scorci particolari.

Un altro luogo importante di Maiori è la Torre Normanna: un poderoso bastione difensivo che proteggeva la cittadina dagli attacchi dal mare soprattutto dei pirati saraceni, attualmente trasformata in un ristorante. Attraverso una scalinata è possibile raggiungere la caletta sottostante. Vi consiglio di scendere al tramonto 😊.

Il giorno dopo ci siamo diretti a Ravello, un piccolo ed elegante borgo fatto di vicoli stretti, botteghe di artigianato e ceramiche, tanti scalini e case piene di fiori e decori. Un labirinto che regala affacci stupendi sulle colline e sul golfo.

Dalla Piazza principale si accede a Villa Rufolo, la dimora di una potentissima famiglia della Ravello medievale, che costruì una dimora all’altezza del proprio rango sociale e politico. La Villa, mix di architettura e decorazioni arabe, bizantine e locali, cadde poi in rovina e venne acquistata da un britannico, il lord scozzese Sir Francis Nevile Reid, che ristrutturò la villa e trasformò le terrazze nel parco che oggi ammiriamo.

Il giardino regala un meraviglioso belvedere che si affaccia sul Golfo, di una bellezza stupefacente, immagine simbolo della Costiera stessa.

L’altra tappa immancabile a Ravello è villa Cimbrone, meno centrale della prima, che si raggiunge percorrendo gli stretti vicoli, tra tanti gattini che girano liberi per queste viuzze. In realtà si tratta di un hotel, ma il grande parco è accessibile a tutti a pagamento. Lo abbiamo trovato stupendo.
Il nome villa Cimbrone deriva dal Cimbronium, che era la denominazione del promontorio roccioso su cui sorgevano i resti di una villa romana, trasformata poi in casale. Villa Cimbrone era infatti un ampio podere, da cui si ricavava legname per uso navale. I terreni erano molto ambiti per la posizione e per il fatto di poter contare su ampie zone pianeggianti e coltivabili, rarità in un territorio molto scosceso.

Nel tempo la villa finì in uno stato di abbandono, ma fu riscoperta alla fine dell’’800 da un colto viaggiatore inglese, Ernest William Beckett (Lord Grimthorpe), giunto a Ravello su consiglio di amici per curare la depressione causata dalla perdita della moglie. Ernest si innamorò del luogo e lo acquistò per farlo diventare un gioiello.

Subito dopo l’entrata, il Viale dell’Immenso conduce alla Terrazza dell’Infinito, dove lo sguardo si perde davvero nell’infinito del mare e del cielo. Inutile dire che anche da qui il panorama è stupendo.

Nei giardini di Villa Cimbrone c’è molto altro da vedere: bellissimo è il chiostro in stile normanno-arabo-siculo e la Tea Room, un giardinetto all’italiana.

Quando avevo accennato all’idea della costiera come viaggio, tutti mi avevano sollevato il problema dei parcheggi, ma il 2 gennaio quale problema avremmo mai potuto incontrare? Ebbene sì! Ad Amalfi si può impazzire per un posto auto anche a Gennaio.

La visita ad Amalfi parte dal Duomo o Chiesa di San Andrea, il gioiello della città. Fu costruita nel 987 in stile romanico con tre navate e una stupenda facciata in stile neo-moresco con influenze gotiche.

Subito dopo abbiamo iniziato a gironzolare per le viuzze, perché il bello di un posto come questo è proprio questo: attorno alla strada principale, si snoda un intreccio di stradine e piazzette, che rendono Amalfi molto suggestiva.

Mangiare il sorbetto al limone ad Amalfi è una tappa obbligatoria.

Nel nostro viaggio di ritorno abbiamo fatto tappa a Cetara e Vietri sul Mare. La spiaggia di Marina di Cetara è certamente la più conosciuta: le caratteristiche casette che la circondano, come in un abbraccio, e il porto dei pescatori, fanno da cornice ad una delle immagini più iconiche del paese. Una sorta di cartolina d’altri tempi. La città nasce nell’Alto Medioevo e diviene nel tempo un importante punto di attracco per i commerci.

Nonostante gli assalti e i saccheggi, la città seppe resistere, costruendo la Torre Vicereale e conservando nel tempo tradizioni marinare che ancora oggi ne sono la forza portante, sia in campo economico che turistico.

La Torre Vicereale di Cetara si affaccia sulla marina e si trova al termine del lungomare, si staglia tra il blu del mare e l’azzurro del cielo, è uno dei maggiori simboli di Cetara, un tempo una delle 400 torri d’avvistamento e di difesa.

A Cetara esiste, inoltre, un museo a cielo aperto, sono ben 34 le panchine d’autore, realizzate dai maestri ceramisti locali. Raffigurano scene di vita popolare, dalla pesca delle alici alla coltivazione dei limoni, con un tocco di moderno. Sono sparse per tutto il paese ed è impossibile non notarle!

A Vietri sul Mare abbiamo percorso una lunghissima gradinata, per salire al paese. Per fortuna le mie bimbe sono avvezze a questi percorsi un po’ tortuosi.

Quello che rende unica Vietri è la ceramica. Ceramiche ovunque: dalle fioriere dei balconi, alle facciate esterne dei negozi, dai marciapiedi alle fontane pubbliche.

Un tripudio di colori che regala alla città un aspetto allegro e vivace.

Girovagando tra le viuzze, in via Scialli, abbiamo ritrovato le tracce di una Ruota dei Trovatelli, datata XIX secolo. Si tratta di uno sportello girevole dove potevano essere abbandonati i neonati in modo anonimo e al tempo stesso sicuro per il nascituro.

Così dopo tanto tempo ci siamo ritrovati in un viaggio tutti insieme 🙂

Siete mai stati in questi luoghi?

Palermo

Nel nostro sesto giorno di viaggio, on the road per la Sicilia, siamo giunti a Palermo, con un bagaglio di colori, odori ma anche di chilometri percorsi. Il tempo era limitato ma siamo riusciti ad ammirare alcuni tesori del capoluogo, con qualche bella sorpresa prima di ritornare in Puglia.

Prima tappa il Palazzo Reale, la più antica residenza reale d’Europa che poggia su un’antica costruzione punica, fortificata dai greci e dagli arabi, divenuta nel tempo importante centro della cultura e dell’arte.

La visita alla Cappella Palatina è una delle cose imprescindibili da fare. Trattasi di una basilica in stile normanno-bizantino, voluta da Ruggero II d’Altavilla, il primo re normanno di Sicilia, e consacrata nel 1140, completamente ricoperta da mosaici. E’ davvero splendida e per osservare ogni dettaglio bisognerebbe stare ore intere con il naso all’insu’.

Ruggero II aveva una visione molto aperta della tolleranza religiosa e perciò chiamò alla realizzazione della cappella arabi e normanni. Questi ultimi a quei tempi erano analfabeti e perciò i mosaici erano un modo per far conoscere i testi sacri.

Alla destra dell’ingresso, il candelabro monolitico alto oltre quattro metri, un capolavoro scultoreo in marmo bianco diviso in cinque ordini che poggia su quattro leoni, simbolo dei normanni, che azzannano uomini e animali. Al centro del candelabro è raffigurato Cristo con la barba, seduto su un cuscino, che tiene in mano un libro. Ai suoi piedi si vede la figura di un uomo in abiti ecclesiastici, probabilmente lo stesso Ruggero II.

Al secondo livello, si trovano gli appartamenti reali molto belli sia per la presenza dei decori sia per gli elementi di arredo.

Con nostra grande emozione, era allestita all’intero del palazzo la mostra di Steve MC Curry: “For Freedom”: una raccolta di volti di donne afgane che hanno perso il diritto allo studio e alla vita sociale, un nuovo appello al mondo che si è dimenticato troppo in fretta del passato.

Le Chiese barocche sono i fiori all’occhiello dei paesaggi cittadini siciliani. Molte di queste costruzioni presentano una variante autonoma del genere Barocco, in cui è preponderante l’uso dei colori, dei marmi e delle decorazioni.

Noi abbiamo scelto, nel nostro tempo esiguo, di visitare la chiesa del Gesù di Palermo, meglio conosciuta come Casa Professa, una delle più imponenti e spettacolari chiese barocche di tutta la Sicilia. Un tripudio di marmi, stucchi e decorazioni, che rivestono ogni centimetro quadrato della superficie interna.

La chiesa è la manifestazione della presenza e del lavoro dei gesuiti. Costoro si impegnarono nell’istruzione, istituendo collegi e scuole ed intraprendendo missioni per arrestare l’ondata di protestantesimo. L’interno è ricco di colori e iconografie che celebrano la gloria di Gesù e della Madonna. Sono raffigurati elementi astratti, ma anche animali, umani e fiori, realizzati in marmo mischio e tramischio, in un’esplosione di colori e grandezza.
Del resto, lo scopo primo del Barocco è quello di diffondere la dottrina cattolica attraverso lo sfarzo e la grandiosità e spettacolarità della propria arte. Impossibile rimanere indifferenti di fronte alla spettacolarità di quest’opera.

Non si può andar via da Palermo senza avere visto il mercato di Ballarò. Qui si entra subito in un altro mondo, fatto di voci, di urla, di cui spesso non capisci il senso, avverti solo i suoni che si sovrappongono, ti circondano e ti confondono. E poi vedi i colori, così accesi, delle innumerevoli varietà di frutta e verdure fresche che attirano lo sguardo. E poi senti gli odori, quelli più forti, del pesce appena pescato, quelli più inebrianti delle tante spezie e piante aromatiche, quelli più tenui e freschi della frutta e delle verdure. Non puoi fare a meno di assaggiare un’arancia, una spremuta di melagrane, di comprare un prodotto locale da portare via.

Sui banchi davanti alla gente che passa le cose più inimmaginabili: piattini di sarde, di beccafico, polpi interi scottati in acqua e gettati su una piastra, spiedini, un tripudio di colori, di sapori, di cibi.

Tra i vicoli del quartiere Ballarò è ancora possibile imbattersi nell’antica bottega di Antimo, calzolaio e nel coloratissimo atelier del cuoio di Massimo e Gino, di cui ho parlato nell’articolo dedicato alle botteghe siciliane. https://wordpress.com/post/rondinelleinviaggio.family.blog/423

Palermo appare come una città eclettica e versatile e trai vicoli, sia di giorno che la sera, è sempre una gran festa.

All’ora del crepuscolo vicoli e piazze si trasformano in suggestive location di food&drink. Anche in inverno ci si può sedere fuori nei dehors contemplando la scenografia che offre la città, fastosi palazzi nobiliari, giardini lussureggianti e scorci pittoreschi che trasudano storia.

La stanchezza a fine tour, dopo quasi 800 km percorsi, è visibile sui nostri volti, ma speriamo di ritornare presto in Sicilia, che è entrata a pieno titolo nel nostro cuore.