Nel Gotico a due passi dal cielo e dal mare.

L’ultimo giorno a Barcellona ci lasciamo scivolare dolcemente tra le strade del Gotico. I ricordi sono tantissimi, ogni angolo, ogni albero del quartiere avrebbe da raccontare la propria storia.

Iniziamo dalla Rambla. Un’ampia via pedonale costellata di negozi, di bancarelle di fiori colorati e artisti di strada.  Uno dei punti focali di questa strada è il Mercato de La Boqueria, un mercato alimentare coperto che offre una vasta gamma di prelibatezze, corridoi colorati, profumi irresistibili di frutta, verdura, carne, pesce e dolci tradizionali.

Dalla Rambla ci siamo addentrati nel quartiere Gótico, un luogo intriso di storia e fascino, caratterizzato da strade lastricate strette e tortuose, edifici medievali imponenti e angoli pittoreschi che ti trasportano indietro nel tempo.

Passando per la necropoli romana e attraversando la via del cioccolato, siamo arrivati in Plaça del Pi, dove si trova la Basilica di Santa Maria del Pi, costruita in stile gotico-catalano.                         Secondo la tradizione, il nome della basilica deriva dal ritrovamento dell’immagine della Vergine dentro un tronco di pino e sempre per lo stesso motivo venne piantato un albero di pino proprio davanti la porta della chiesa.

Nella chiesa del PI si trovano El Gegantes, giganti della tradizione, ancora utilizzati negli eventi religiosi, seppur in una versione più leggera da sostenere durante la processione.

Proseguendo la nostra passeggiata ci siamo recati alla Cattedrale di Barcellona, dedicata a Santa Eulalia, patrona della citta’.               Durante il dominio romano, l’imperatore Diocleziano ordinò la persecuzione di tutti i cristiani, la piccola Eulalia osò sfidare il console romano e venne condannata a subire 13 torture, tante quanti gli anni che aveva.  

La cattedrale è di stile gotico, costruita a sua volta sopra un’antica chiesa di stile romanico. Ma la facciata è posteriore e risale addirittura al diciannovesimo secolo, quando fu indetto un concorso per la sua realizzazione, al quale parteciparono vari architetti.

L’edificio è famoso per il suo chiostro risalente al ‘300, in cui vivono tredici oche, ognuna rappresenta un anno di vita della martire Santa Eulalia.

Dinanzi alla Cattedrale, la scritta Barcino  e le due torri romane, ci ricordano il passato romano della città e lungo un lato della Cattedrale si trova “uno dei luoghi più fotografati” del Barrio Gotico: il Pont del Bisbe.

Il ponte in realtà non e’ antico,  risale al 1928, il suo stile è ispirato al gotico fiammingo e veniva utilizzato dalle personalità della politica per passare da un edificio all’altro. Una leggenda narra che basta camminare in senso contrario ed esprimere un desiderio guardando negli occhi il teschio presente sotto il ponte per farlo avverare.

A poca distanza dalla cattedrale un’altro luogo ormai iconico della citta’: il murales del bacio. Si tratta di un grande fotomosaico realizzato nel 2014 per commemorare la caduta della città durante la guerra di seccessione spagnola. Il giornale spagnolo chiese ai propri lettori di inviare fotografie che ricordassero momenti di libertà. Da lontano si vedono due labbra che si baciano, ma avvicinandosi si scopre che ci sono 4.000 piastrelle, ognuna di esse immortala la felicità fatta di momenti quotidiani.

Ci siamo diretti verso Casa de l’Ardiaca, un edificio gotico vicino alla Cattedrale dove vivevano gli arcidiaconi, un’ordine ecclesiastico ora scomparso. Negli anni l’edificio ha avuto molteplici usi e nel 1902 un architetto fu incaricato di abbellire l’edificio. Ogni elemento decorativo ha un suo significato particolare: lo scudo, le rondini, latartaruga e l’edera. Una curiosa allegoria della giustizia: la giustizia cerca di volare alto come le rondini ma gli impedimenti burocratici (l’edera) la rendono lenta come una tartaruga.

Una delle ultime tappe nel quartiere è stata la piazza che ospita la Chiesa di San Filippo Neri. E’ una piazza veramente speciale, per la tranquillità che si respira e per la storia che nasconde.

Una fontana al centro, una chiesa sullo sfondo, due case e un bar sono tutti gli elementi che la compongono. Sulla facciata della Chiesa, che da’ il nome alla Piazza, sono ancora visibili i segni del bombardamento aereo del 30 gennaio del 1938 da parte dell’aviazione italiana fascista, alleata di Franco.

La figura di Gaudì è strettamente legata a questa Chiesa. L’architetto si recava tutti i pomeriggi per pregare e fu proprio in quel frangente che, il 7 giugno 1926, venne investito e morì. I passanti lo scambiarono per un barbone e non lo soccorsero. All’interno della chiesa ci sono due dipinti realizzati da un pittore, grande amico di Gaudì. L’artista dovendo dipingere la faccia del santo Filippo Neri chiese al suo amico di posare per lui.

Prima di andar via sono andata a caccia di una terrazza per vedere la città dall’alto. Ormai in molte città gli hotel mettono a disposizione le loro terrazze e noi siamo stati nel quartiere El Raval. Questo quartiere è caratterizzato da una mescolanza di culture e ha subito una trasformaione significativa in questi anni. Qui potrete scoprire una vivace scena artistica e culturale, con gallerie d’arte, negozi vintage, mercati locali e una varietà di ristoranti etnici ed una delle viste panoramiche più speciali della città. Grazie alla forma cilindrica dell’hotel, questa terrazza offre una vista di 360 gradi su tutta la città. L’ingresso è gratuito e non vi obbligo di consumazione.

Il richiamo del mare è come sempre assordante ed è bastato guardarlo dalla terrazza per decidere di andargli incontro. Port Vell è stata una piacevole pausa pranzo e poi abbiamo raggiunto la spiaggia di Barceloneta, famosa per la sabbia dorata e le acque blu cristalline.

Questa spiaggia (e tutte quelle di Barcellona in generale), non esisteva prima del 1992, quando in occasione delle Olimpiadi tantissimi quartieri di Barcellona vennero completamente trasformati. La Barceloneta è uno degli esempi più lampanti di tale trasformazione

Ma nonostante questo aspetto “artificiale” qusto luogo è divenuto un vero simbolo della città, un punto di incontro per i residenti e visitatori di tutto il mondo.

Prima di andar via, non poteva mancare un ballo improvvisato di Nicole, che tratteggia le linee dell’hotel W (hotel Vela), sfondo iconico di questo tratto di spiaggia.

Finisce qui il nostro racconto di questa magnifica città. E’ stato veramente arduo sintetizzare questa città unica nel suo genere e spero di esserci riuscita.

Barcellona: tappe iconiche

Il cielo di Barcellona sfrutta ogni inezia di luce, così che possiamo affondare gli occhi in un cielo blu intenso, sempre.

Sono ritornata per la seconda volta in questa ammaliante città, questa volta in compagnia dei miei figli.

Siamo arrivati alle 17, il tempo di lasciare le valigie e siamo scivolati all’interno della città vecchia, verso il parco della Cittaduella, il cui ingresso è caratterizzato dall’Arco di Trionfo, costruito in occasione dell’Esposizione Universale del 1888 come simbolo di benvenuto. Tra l’arco ed il parco la gente passeggia, ma soprattutto si ferma ad osservare gli artisti che si esibiscono in tutta la loro creativita’.

Con largo anticipo avevamo programmato alcuni ingressi a monumenti storici della città, i cui biglietti spesso vanno sold out. Così il giorno dopo siamo entrati all’interno della straordinaria ed iconica Sagrada Família, il capolavoro incompiuto dell’architetto Antonio Gaudí. Questa basilica unica nel suo genere è uno dei simboli più riconoscibili di Barcellona e rappresenta un esempio straordinario dell’architettura modernista catalana.

L’architettura è intrisa di simbolismo religioso e naturale, con riferimenti alla natura, alla geometria e alla spiritualità. I lavori di completamento continuano ancor oggi, mantenendo viva la visione di Gaudí e rendendo questo monumento una continua evoluzione dell’arte e della creatività umana.

Il percorso della visita alla basilica incomincia ovviamente dalla Facciata della Natività. Una facciata barocca, ricchissima di sculture e simbologie: qui l’elemento dominante è la vitalità, l’allegria, la bellezza.

A differenza delle facciate, traboccanti di storia, l’interno, pur sempre simbolico, è essenziale. La protagonista assoluta è la luce, che filtra tra le colonne, leggermente inclinate, come in un bosco incantato, poiché esse hanno la forma di alberi i cui rami, in alto, come delle possenti mani, sostengono l’intera struttura.

La tonalità dei colori cambia in continuazione, in base alla posizione del sole, dai colori più freddi alla mattina, ai colori accessi, giallo e rosso, alla sera, quando il sole si sposta ad occidente.

Ad occidente si trova la facciata della Passione, a conclusione della vita terrena di Gesù. Le sculture sono volutamente scarne e spigolose e trasmettono una grande sofferenza e tristezza. Non c’è spazio in questa facciata per gli abbellimenti barocchi, per l’allegria.

Subito dopo la Sagrata Familia ci siamo avviati al Palau de la Música Catalana, un gioiello architettonico e culturale situato nel cuore di Barcellona. Questo meraviglioso edificio rappresenta uno dei capolavori dell’architettura modernista catalana e offre una esperienza unica per gli amanti della musica, dell’arte e della bellezza architettonica.

Costruito tra il 1905 e il 1908, il Palau de la Música Catalana è un omaggio all’arte e alla cultura catalana. È stato progettato da Lluís Domènech i Montaner, uno dei principali architetti modernisti della città. Una delle caratteristiche più spettacolari del palazzo è la sua sala da concerto principale. All’interno, un’esplosione di colori e forme, grazie all’uso creativo di vetrate colorate, mosaici e sculture decorative. Il soffitto vetrato a forma di cupola rappresenta un sole splendente, che irradia luce e calore su tutto l’auditorium.

Nel pomeriggio avevamo programmato la visita a Casa Batlló. E’ un vero e proprio viaggio nella mente del visionario architetto catalano che ha disegnato la silhouette di questa città rendendola così unica e sensuale. Non vi aspettate una classica visita, piuttosto un invito ad esplorare l’universo attraverso la luce e il  colore, i protagonisti assoluti di Gaudí.

Spettacolare e senza precedenti la sintesi digitale realizzata dall’artista Refik Anadol per illustrare come il mondo interiore di fantasia e tumulto si sia trasformato in architettura moozzafiato.

E’ impossibile non restare affascinati da questa città dal blu intenso, che avvolge ogni cosa.

E se capiteranno, talvolta, giorni dell’inquietudine, riguarderò queste foto straripanti di blu, riavvolgerò all’infinito i video girati, mi ricorderò dei vostri baci e abbracci.

Con amore mamma.

PARIGI

Vi racconterò di un viaggio voluto e chiesto più volte dalle mie bimbe, di una città che incanta continuamente e di me. Probabilmente aspettavo solo la motivazione giusta per ritornare in un luogo che più di 20 anni fa aveva già rapito gli occhi ed il cuore.                                                                                                               Cercheremo di indicare le tappe di questo nostro breve tour, lasciando alcuni approfondimenti in altri articoli, di cui si sente già il gorgoglio.                                  Parigi è sempre una scoperta, non smette mai di stupire con le sue luci notturne, con l’eleganza dei suoi monumenti, i piccoli bistrot e il profumo delle baguettes appena sfornate.

Abbiamo scelto di immergerci nel mood parigino, soggiornando in Rue Saint Denis, vicino a Rue Montorgueil, la via dedicata agli amanti del cibo. Abbiamo iniziato a tracciare il nostro percorso conoscitivo dalla pasticceria Stohrer, una vera e propria istituzione francese. 

La riconosci dal colore blu scuro delle vetrine, dalle quali si vedono in bella mostra file di Tarte Tatin, Tarte Tropezienne, Torta Saint Honore, Macarons, Éclair, Croissant, Tarte au citron. L’elenco dei dolci francesi potrebbe andare avanti ancora, ma pochi sanno che anche il babà al rum è nato in Francia e l’ideatore lavorava proprio dietro il bancone di questa pasticceria. Si tratta di Nicolas Stohrer, pasticcere presso la corte di Luigi XV, che nel 1730 lascia Versailles per fondare la sua pasticceria, la Maison Stohrer, al 51 di rue Montorgueil.  Un tripudio di colori, sapori e odori che ricorderete anche dopo la vacanza.                               

Siamo a pochi passi da Place René-Cassin, nel cuore del quartiere delle Halles, per ammirare la Chiesa di Saint-Eustache, una delle più antiche e affascinanti di Parigi con il suo aspetto imponente e superbo, splendido esempio di architettura gotica che vanta un passato illustre. Al suo interno venne battezzato Richelieu, sepolto Voltaire e qui Mozart fece celebrare la messa funebre per sua madre. Dinanzi alla Chiesa è posizionata l’Ecoute, un’enorme testa di pietra appoggiata su una gigantesca mano.                           Un’originale scultura che invita all’ascolto.

Raggiungiamo sempre a piedi la Senna.

Le bancarelle verde scuro posizionate lungo il fiume fanno parte della storia e dell’identità parigina, tanto da essere diventate patrimonio dell’UNESCO. Sono circa 250 le bouquinistes di Parigi che espongono quotidianamente un’enorme quantità di pezzi rari e introvabili che richiamano l’interesse di appassionati e collezionisti.

L’origine dei bouquinistes risale al 1607 ed è legata al Pont Neuf.
Fu su questo ponte che i primi mercanti ambulanti di libri si stabilirono per vendere libri giornali, spesso sovversivi e spesso vietati dal Concilio di Trento.

Al di là del fiume, in un angolo silenzioso dove godersi la città, sorge la famosa libreria di Shakespeare che affonda le proprie radici nel 1919.                                                                                       La prima libreria, luogo d’incontro di grandi scrittori dell’epoca come James Joyce ed Ernest Hemingway, chiuse i battenti nel 1941 a causa dell’occupazione tedesca di Parigi. Diaci anni dopo l’americano George Withman, riapre la libreria nel luogo dove si trova attualmente, cercando di non snaturarla dall’idea originaria.

Per scoprire il cuore di una città bisogna tuffarsi nei mercati di quartiere ed i parigini sono particolarmente legati a questa eredità, tanto che non è raro camminando imbattersi in uno di questi. Siamo nel cuore della Ile de la Cité, a 2 passi da Notre-Dame de Paris e stiamo parlando del  Marchè aux fleur: un’esplosione di rose, orchidee, gigli, tulipani, bulbi, gabbie per uccelli e articoli in legno, raccolti con cura in piccoli stand, in attesa di essere collezionati.

Il nostro primo giorno a Parigi, rigorosamente a piedi, termina al grattacielo di Montparnasse.

Con i suoi 56 piani e 299 metri di altezza, questa torre offre la vista più bella di Parigi, ma anche la più suggestiva. Esternamente l’edificio è un classico grattacielo, ma al 56° piano si accede alla terrazza panoramica, che regala una vista mozzafiato su tutta la città. Credo che la vista da qua su sia più bella anche rispetto alla torre Eiffel.

Parigi è molto di più di quello che ricordavo ❤️.

Matera e dintorni

Ci sono stata decine di volte, eppure la sua bellezza non stanca mai. Matera è meraviglia pura, una bellezza unica al mondo.

Per capire meglio la storia di Matera ed emozionarvi vi consiglio di farvi accompagnare da una persona del posto. La nostra guida è stata Giusi, una donna che ama profondamente la sua terra.

La storia ci narra che i  Sassi, fino agli anni ’50, sono stati il simbolo del degrado sociale, un cratere in cui uomini e donne vivevano all’interno di grotte insieme agli animalI, in una situazione di totale assenza di salubrità. Carlo Levi fu tra i primi ad accendere i riflettori sulla città e a scuotere le coscienze.

Con la sua celebre opera, “Cristo si è fermato ad Eboli”, denunciò le condizioni in cui viveva la popolazione materana e diede inizio ad un inaspettato e incredibile processo di rivalutazione.

Nel maggio 1952 venne promulgata la Legge per lo sfollamento dei Sassi, che prevedeva la costruzione di nuovi quartieri popolari, distanti dal centro storico, dove gli abitanti furono costretti a trasferirsi. Nel 1993 iniziò con vigore il riscatto sociale ed architettonico della città, riscattando l’immagine c ad essere una delle mete turistiche più apprezzate nel Mondo.

I Sassi di Matera sono un insediamento rupestre abitato sin dal paleolitico, che rappresenta un esempio emblematico di abitazione concepita in perfetta armonia con il paesaggio. Originariamente gli uomini utilizzarono le grotte naturali e successivamente impararono a trasformarle in base alle proprie esigenze, sino ad arrivare a creare dei veri e propri vicinati.

La piazza su cui si affacciavano queste case, scavate nella collina, su più livelli, era il luogo della condisione della cura dei bambini e degli anziani, il luogo in cui si mettevano in comune le conoscenze e le abilità.La casa aveva una camera multifunzione, adibita allo stesso tempo a luogo di soggiorno, cucina, camera da letto mentre sul fondo spesso vi era spazio per il magazzino e gli animali. Il livello di igiene era davvero scarso e le conduttore di scarico erano a cielo aperto.

Nel nostro tour lungo il sasso Barisano, ci siamo fermati alla Chiesa rupestre di sant’Antonio Abate, dove siamo stati accolti da Eustachio, un signore ottantenne, con il cuore e la mente carichi di un passato che non vuole dimenticare. Ha suonato per noi la Cupa Cupa, strumento musicale che suona da più di 60 anni, intonando una canzone legata alla tradizionale uccisone del maiale. Seppur per pochi attimi queste canzoni aiutavano a nascondere i problemi legati alle dure condizioni di vita.

Ed era festa per tutti.

A pochi km da Matera siamo riusciti ad ammirare un gioello, nascosto in una grotta: La Cripta del Peccato Originale.

Il nome è dovuto al ciclo di affreschi dipinti tra l’VIII e il IX secolo che culminano con episodi della creazione. Incredibilmente vivida è l’immagine di Eva generata dalla costola di Adamo.

Gli affreschi sono caratterizzati da un prato di fiori rossi eleganti e raffinati, i cisti, fiori tipici dell’altopiano murgiano che hanno dato al luogo un secondo nome: la Cripta del Pittore dei Fiori di Matera.

Non ci siamo lasciati scappare l’occasione di visitare Craco, il paese fantasma della Basilicata, così suggestivo da togliere il fiato. Silenzio, strade vuote, nuvole che si muovono all’orizzonte e qualche asinello solitario fanno da cornice alle case aggrappate alla collina.

Craco è stata costruita in un territorio fragile, formato da rocce argillose dove l’acqua ha scavato nel tempo grandi fessure. Nel 1963 una frana e pochi anni dopo, un terremoto, portarono gli abitanti ad abbandonare il paese.

Nel 2011 il comune di Craco ha istituito un piano di recupero del borgo vecchio. Infatti accompagnati da una guida è possibile visitare, in sicurezza, la città che, con i suoi resti, ha ancora tanto da raccontare.

Craco si trova a ridosso di un’area selvaggia caratterizzata da alte montagne di argilla, alcune sono più grandi altre più piccole, circondate da una scarsa vegetazione di arbusti e cespugli. È un posto quasi surreale, silenzioso, avvolto da un’atmosfera di immensa tranquillità: sono i Calanchi.

La nostra giornata è terminata con una brevissima sosta a Pisticci e il suo belvedere, in cui si stagliano,  in netto contrasto con le case bianche a valle,  gli archi del rione Terravecchia.

Le case a valle, tutte bianche con i tetti rossi, sono esempio unico nel suo genere di architettura spontanea contadina. In una notte dell’inverno del 1688, una incredibile nevicata provocò una frana che fece sprofondare due interi quartieri di Pisticci.

Al rifiuto degli abitanti di abbandonare i luoghi del disastro si decise che sul terreno della frana si sarebbero ricostruite le nuove abitazioni.

Nel popolo lucano è radicato un forte legame con la sua terra. Legame che abbiamo trovato a Matera con il suo riscatto collettivo, a Craco e Pisticci nella scelta di non abbandonare la terra, seppur fragile.

Questo legame trova la sua espressione anche nella cucina. Non a caso i piatti più rappresentativi della Basilicata nascono da ricette figlie della cultura contadina.

Ogni lembo di questa terra ha un passato da raccontare. Un passato a volte difficile che raccoglie in sé la forza del riscatto, della consapevolezza, dell’amore.

Per te 😍

Quando soffia il maestrale

Capita spesso durante l’estate che il maestrale soffi forte e diventa difficile stare in spiaggia, così si siamo allontanate dalla costa e ci siamo rifugiate nella Valle D’Itria, stregate dalle infinite distese di ulivi spesso delimitate da muretti a secco, dalle verdi campagne avvolte dal silenzio e dai trulli che sorgono qua e là.

Prima tappa Alberobello, il villaggio costituito da abitazioni in pietra a secco, senza malta, con i tetti dalle silhouette coniche e fiabeschi. Difatti ai Trulli si associano, ancora oggi, significati esoterici e mistici.

Basti guardare i differenti simbolo che sono disegnati sulle “chiancanelle” del trullo: alcuni sono magici e propiziatori, altri sono simboli pagani o cristiani, altri ancora sono legati all’astrologia.

Annoverato tra i borgo più belli d’Italia, Locorotondo è una delle famose città bianche insieme ad Ostuni, Cisternino e Martina Franca.

L’etimologia del nome richiama proprio la struttura urbana del borgo, su pianta circolare ad anelli concentrici sulla quale si snodano le bianche e strette stradine: locus rotundus.

L’essenza di Locorotondo si racchiude in tre elementi; il bianco, i fiori e le cummerse.

Il bianco è ovunque e viene ravvivato dal colori sgargianti dei fiori. L’intero centro storico, infatti, è un’esplosione di fiori, accompagnati da cartelli numerati che indicano i partecipanti al concorso dei balconi in fiore.

La caratteristica di Locorotondo sono i tetti spioventi, qui chiamati “cummerse”, inconsueti per le nostre parti e che ricordano le abitazioni del nord Europa.

Le cummerse nascevano come residenze ed avere un tetto spiovente era utile per la raccolta delle acque piovane, fortemente utili in un territorio di natura carsica.

Al tramonto ci siamo immerse nella suggestiva atmosfera del vigneto Sirose, con i suoi terrazzamenti che abbracciano il borgo di Locorotondo. Nella “sporta”: pomodorini, bruschette e olio d’oliva e abbiamo cenato nella zona a noi riservata.

La vista sulla valle D’Itria è pazzesca e tutt’intorno rose dai vari colori, dal rosa più pallido al rosso più acceso.

La Puglia è veramente uno stato d’animo e basta poco per essere felici.

@WEAREINPUGLIA