Vito ballava con le streghe. Pietrapertosa

Inizia così il nostro viaggio a Pietrapertosa con l’associazione Murex ed il racconto di Mimmo Sammartino, che fissa sulla carta i racconti popolari, quelle storie che un po’ tutti noi abbiamo ascoltato, perché non si perdano nel tempo.

Sono storie di “masciare”, donne che conoscevano l’arte della magia e della fascinazione, del mistero delle parole e dei segni, che si ungevano con l’olio fatato raccolto dalla cavità di un albero d’ulivo e lo custodivano in una pignatta di terracotta e poi attraversavano in volo la notte. Una favola, che racchiude il rigore antropologico, l’amore per le proprie radici, l’emozione poetica, ma anche il viaggio alla ricerca di sé.

Il percorso delle 7 pietre è un progetto che recupera un antico sentiero contadino di circa 2 km, che collega i Comuni di Pietrapertosa e Castelmezzano e si sviluppa su quote variabili. Il percorso trae ispirazione dal racconto di Mimmo e prevede alcune installazioni multimediali, non tutte funzionanti al nostro arrivo, purtroppo.

Da Pietrapertosa scendiamo lungo il percorso delle 7 pietre, con piccole pause dedite all’ascolto della storia, ai profumi, alla natura, ma anche ad un buon caffè e un dolce buonissimo con marmellata di limoni, tutto rigorosamente prodotto da Alessia e Nico.

L’arrivo a Castelmezzano è decisamente scenografico, da cartolina. Il paese compare improvvisamente adagiato alla parete rocciosa.

Il borgo medievale di Castelmezzano, che dall’alto guarda la sua gemella Pietrapertosa, fu fondato nel X secolo da un popolo in fuga. Secondo la leggenda, un semplice pastore scoprì tra i pascoli un luogo nascosto, protetto da rocce e ricco di sorgenti d’acqua e si trasferì qui con il suo gregge. Ben presto altri pastori fecero altrettanto, per proteggersi dalle incursioni dei Saraceni e dagli eserciti in guerra tra loro. Fu così che nel X d.c., sorse il nucleo del nuovo paese.

Tra le cose da vedere a Castelmezzano ci sono i resti del fortilizio Normanno-Svevo, con la sua gradinata stretta e ripida scavata nella roccia, che porta nel punto più alto, dove la vedetta della guarnigione militare sorvegliava la sottostante valle del Basento.

All’ombra del castello abbiamo fatto la pausa pranzo, condividendo una pizza rustica fatta con le erbe selvatiche e del vino aglianico, che non poteva mancare.

Il centro storico di Castelmezzano è un susseguirsi di piccole viuzze, palazzi nobiliari, chiesette, panorami mozzafiato e piccoli locali. Qui tutto sembra una bomboniera e per le strade si respira un’aria di festa e di leggerezza. E con la leggerezza riconquistata nella mente e nel corpo abbiamo intrapreso il viaggio di ritorno, più spediti rispetto a prima, ma più consapevoli.

La risalita a Pietrapertosa, il paese più alto della Basilicata, posto a 1.088 metri sul livello del mare, è stata veramente faticosa, ma ampiamente ricompensata. Questo piccolo gioiello ospita poco meno di 1.000 abitanti.

La parte più antica del borgo si trova alle pendici del Castello ed è nota come Arabat, dall’antico nome saraceno. Gli arabi, arrivarono a Pietrapertosa insieme al principe Bomar, si insediarono in queste casette in pietra che erano comunicanti fra loro attraverso aggrovigliati cunicoli, strade e scalini tipici, anch’essi scavati nella roccia. La particolarità di queste abitazioni è che sono costruite in modo da essere un tutt’uno con le pareti di roccia, tanto che spesso si possono notare case le cui pareti sono rappresentate dalla roccia stessa, o viceversa. Tutto è in armonia con la natura che lo circonda.

La roccia, la rupe, gli strapiombi solitari e il castello sono gli elementi dominanti a Pietrapertosa. Il borgo si sviluppa lungo un’unica strada principale dove si possono notare case signorili con portali di pregio, iscrizioni, decori, e simboli, che testimoniano le famiglie nobili di un tempo in città.

ll Castello Normanno-Svevo è un sistema fortificato che risale all’epoca romana e divenne importante all’epoca dei normanni nel IX secolo. È situato sulla cima della roccia su cui si aggrappa la parte alta dell’abitato, il quartiere dell’Arabata. Ma la cosa più bella è proprio il panorama spettacolare che si gode da qui sù. Una vista eccezionale sulla Valle del Basento fatta di boschi verdeggianti, limpidi torrenti, forme strane di roccia disegnate dal vento e dalle piogge.

 Questo è un luogo magico, ed allo stesso tempo colmo di storia e di fascino.

Una ragazza del paese, volontaria del Fai, ci ha deliziato con il racconto di una tradizione popolare vissuta da tutta la comunita: U’ Masc. che si ripete da decenni in occasione dei festeggiamenti dedicati a S. Antonio da Padova.

Una festa che si basa su un antico rito pagano di primavera per festeggiare la fertilità e la fecondità, una specie di cerimonia di nozze simboliche tra due alberi che un corteo di boscaioli va a tagliare nel bosco e poi porta in paese per unirli tra loro ed adornarli. Il matrimonio avviene tra un tronco di cerro e una cima. Qui, i massari attendono le prime luci dell’alba, momento in cui lo sposo e la sposa, trasportati da coppie di animali, si avviano nella lunga marcia, davanti al campanile del Convento di San Francesco. Lo spettacolo si svolge sotto gli occhi della folla che assiste con apprensione alla fase di innalzamento e alla spettacolare scalata dell’albero da parte di un “maggiaiolo”. Durante la festa vengono distribuiti i “biscotti degli sposi” preparati sapientemente a mano dalle donne del paese, durante la notte che precede.

Molti visitatori, arrivano a Pietrapertosa anche per provare l’esperienza adrenalinica del volo dell’angelo. Confesso che mi sono venute le vertigini solamente ad alzare gli occhi al cielo. Ma è spettacolare anche solo osservarlo.

Questo trekking, seppur faticoso(22.200 passi) conferma ciò che penso della Basilicata: terra stupenda, ancestrale, capace di offrire esperienze uniche, dove il tempo sembra essersi fermato, fissando nella pietra ciò che è stato.

A presto 🙂