Un tuffo nel passato

E così, senza pensarci due volte, siamo salite a bordo della nostra auto alla volta del Cilento. In questo breve articolo vi raccontiamo il nostro primo giorno, tra Agropoli e Paestum, dove il fascino della cultura e la bellezza dei paesaggi si intrecciano e rendono questa terra un luogo magico.

Agropoli trae il suo nome da Acropolis, “città alta” .

Su un promontorio a picco sul mare, la città conserva tutta la bellezza del suo passato, in perfetto stato sono, sia il centro antico e gran parte delle mura difensive con il portale d’ingresso, sia il maestoso Castello Angioino Aragonese. La visita parte dal cuore più antico della città.

La panchina dell’Amore.

E’ possibile accedere al centro storico di Agropoli attraverso la caratteristica salita degli “scaloni”, per secoli una via d’accesso al borgo e oggi uno dei pochi esempi di salita a gradoni, caratterizzati da gradinate larghe e basse.

Da qui inizia lo spettacolo del Borgo Antico, con le piccole strade di pietra, i vicoli stretti, i negozi di souvenir e antiquariato. Il Castello a pianta triangolare e con tre torri circolari, si erge imponente sul promontorio incastrandosi con il vertice nel borgo antico, la cui struttura originale risale ai bizantini.

A poca distanza dal centro abitato una spiaggia da non perdere: la Baia di San Francesco, che prende il nome dallo scoglio a strapiombo sul mare e dal monastero che la sovrasta. E’ un piccolo paradiso, un angolo incontaminato, un punto di litorale tra la roccia con un fondale misto di sabbia e pietrisco, accessibile attraverso una serie di scalini che partono dalla Chiesa di San Francesco. All’orizzonte si scorge la croce dalla quale secondo la leggenda, il Santo parlò agli uccelli e ai pesci

Da Agropoli in soli 10 minuti si arriva a Paestum, uno di quei posti che dovremmo visitare almeno una volta nella vita e che da secoli conserva tutta la sua autenticità.

Molti di noi hanno la convinzione che Paestum sia nata proprio come polis greca, in realtà Paestum ha origini antichissime, i ritrovamenti hanno datato i suoi primi insediamenti dal Paleolitico all’età del Bronzo.

Già all’ingresso del parco non potrai non notare la maestosità e l’immutabile bellezza protrattasi nel tempo dei due templi, simboli del parco. Si tratta dei templi di Hera e di Nettuno, entrambi risalenti al periodo della polis greca.

Il templio più grande è il templio di Nettuno, datato V secolo a.C., costruito senza l’utilizzo della malta e con grandi massi collegati tra loro con dei tasselli, l’altro è il tempio di Hera, più piccolo ma più antico, datato 560 a.C., chiamato anche Basilica per il suo colonnato.

All’interno dei templi potevano entrare soltanto i sacerdoti, perciò tutti i sacrifici offerti venivano lasciati al di fuori.

La maggior parte delle case visibili, nel parco, sono di epoca romana, riconoscibili perchè tutte con le stesse caratteristiche: una sequenza in asse con tre ambienti principali, l’atrium (ossia il cortile interno), il tablinum (ossia la sala di rappresentanza) ed il peristilium (ossia il giardino). Ai lati dell’atrium si sviluppavano i cubicula, ossia le camere da letto. Al centro dell’atrium invece era spesso collocato l’impluvium, una vasca in marmo per la raccolta delle acque piovane.

Santuario con piscina

Paestum era famosa per le sue rose, dalla doppia fioritura annuale, e qui venivano prodotti i profumi che durante l’epoca romana avevano grande importanza nelle classi sociali.

Dopo la visita nel parco archeologico di Paestum, ci siamo recati al Museo e qui si resta estasiati da quanto l’uomo fosse già alla ricerca della bellezza.

Tutti i reperti ritrovati nel parco son stati portati qui, tra questi, il più importante è la Tomba del Tuffatore: spettacolare dipinto di arte greca ritrovato all’interno di una tomba che rappresenta, secondo alcune teorie, il passaggio dalla vita terrena all’aldilà.

La tomba era formata da cinque lastre calcaree che, al momento del ritrovamento, si presentavano accuratamente connesse fra loro, internamente dipinte ad affresco, copertura inclusa.

Proprio la raffigurazione della lastra di copertura, un giovane tuffatore, ha dato il nome all’intera sepoltura: Tomba del tuffatore.

Le lastre che costituivano le pareti della cassa presentano vivaci scene conviviali, mentre sul coperchio è raffigurata l’immagine di un giovane colto nell’atto del tuffarsi. Le quattro scene conviviali, nel loro insieme, ricostruiscono il contesto di un “simposio”, cioè la fase del banchetto greco destinata alla degustazione dei vini, all’ascolto di musiche e canti e alla recitazione di versi. Non è un caso, quindi, che nel corredo funerario della tomba sia stata ritrovata anche una lyra.

L’immagine del tuffo, invece, è da intendersi come la figurazione del passaggio fra la vita e la morte e lo specchio d’acqua rappresenta un’efficace metafora dell’aldilà, ignoto e misterioso traguardo della nostra esistenza.

Abbiamo chiuso gli occhi, cercando di immaginare questo passato così affascinante.

Domani, immersi nella natura incontaminata, vi porteremo presso Camerota, l’oasi del Bussento e le Cascate di Venere.