Francavilla Fontana.

Secondo la leggenda, nel 1310, mentre il principe di Taranto Filippo d’Angiò guidarva una battuta di caccia, un uomo al suo seguito adocchiò un cervo intento ad abbeverarsi ad una fonte. Quando costui mirò con l’arco e scoccò la freccia, il cervo cambiò rotta scagliandosi contro. Incredulo, chiamò il principe e scoprirono, nascosta in un cespuglio, un’effige della Vergine con il bambino fra le braccia. L’avvenimento portò alla creazione di una piccola chiesetta per il culto della Vergine, oggi la Chiesa Madre.

Per favorire il popolamento della zona circostante, Filippo I dichiarò permesso di franchigia, da cui nacque il nome Villa Franca.

Tra cupole, palazzi storici e graziose piazze è veramente piacevole vagabondare nel centro storico di Francavilla Fontana e ritrovarsi all’interno del Castello imperiale.

Quello che ammiriamo oggi è frutto di numerosi rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli: il risultato è un palazzo metà fortezza e metà dimora gentilizia, circondato da maestose mura. La famiglia degli Imperiali, principi illuminati e mecenati molto conosciuti, rese la cittadina un importante centro e luogo d’incontro di culture e di arti.

Dall’atrio si acceda ad un’antica cappella di Santa Maria delle Grazie, dove si possono ammirare affreshi, ritornati alla luce dopo un lavoro di scrostamento da vecchi intonaci presenti sulle pareti e sul soffitto.

Dal maestoso portone entriamo e saliamo lungo la scalinata che porta al piano superiore dove è possibile ammirare il loggiato di stile barocco, ricamato con i motivi che raffigurano foglioline, rami di palma, grappoli d’uva, rosette e vitigni che si avvolgono sinuosamente.

I vani del piano nobile si dispongono intorno all’ambiente più importante di tutto l’edificio: la sala del camino, con una sontuosa volta coperta interamente da un affresco. Al centro il dio Apollo guida un carro alato tirato da quattro cavalli e un guppo di splendide Muse che danzano.

Il portone aperto di un palazzo storico, risalente al ‘700, ci invita ad entrare: è la sede di uno storico circolo. All’interno, il presidente ed un socio ci raccontano i fasti del palazzo, le vetrate che si aprivano per i balli, i giochi d’azzardo che allietavano le loro serate. Un circolo forse destinato a scomparire perché non si è modernizzato, ma che ha conservato i drappi, la luce, il calore di un tempo.

La graziosa cittadina, con un centro storico riqualificato, ha una bella zona pedonale, ricca di negozi alla moda e di pasticcerie, da cui escono vassoi danzanti per il pranzo della domenica e la mente torna ad un tempo in cui ogni nostra domenica era coccolata dai pasticcini di Verna.

Con il naso all’insù, mi lascio sorprendere dai baconi finemente decorati dei palazzi, dai portoni, dalle vecchie insegne che ancora campeggiano qua e là. Direi che avere il naso all’insù è uno status mentale e fisico che mi accompagna sempre 🙂

Un frammento di Gargano

Terra meravigliosa dominata dal verde della natura rigogliosa e dall’azzurro del mare, il Gargano è indubbiamente una delle mie zone preferite.
Una terra che forse inizialmente può sembrare ostile per le strade impervie, i tornanti e la difficoltà nell’accedere ad alcune baie, ma che pian piano ti conquista. E forse è proprio questo il segreto del suo fascino.

Complice una serata organizzata al Castello di Monte Sant’angelo, dall’associazione Ais, Bollicine di Puglia, l’indomani abbiamo visitato Monte Sant’Angelo e Vieste, passando attraverso la Foresta Umbra.

Il Santuario di Monte Sant’Angelo e’ unico e suggestivo, non lascia indifferenti anche coloro che non sono credenti. All’interno questa grotta, un uomo ( dipendente del luogo) vi portera’ per mano attraverso la storia, i libri sacri e citazioni classiche e nel suo volo pindarico, vi raccontera’ l’amore per San Michele. Purtroppo non ricordo il suo nome ma posso assicurarvi che ascoltarlo e’ stato un dono.

Non si può visitare il Gargano senza conoscere la sua duplice natura, senza conoscere quello che c’e’ oltre il mare.

Dopo questa breve sosta ci siamo allungati su Vieste.  Un piccolo paesino sul mare, che con le sue case bianche si trova sulla punta più a est del Gargano. Simbolo di questo territorio è, senza dubbio, il Pizzomunno, la grande roccia che si erge con tutta la sua maestosità, a controllare e proteggere la città. La leggenda narra che ai tempi in cui Vieste era ancora un villaggio, Pizzomunno era un bellissimo pescatore del posto.

Ogni giorno andava in mare con la sua barca e lì trovava le sirene che provavano ad incantarlo, promettendogli l’immortalità. Il giovane, innamorato follemente di Cristalda, non cedeva. Fu così che una sera, mentre i due innamorati stavano sulla spiaggia, le sirene gelose portarono via Cristalda. Pizzomunno tentò invano di salvare l’amata. Il giorno dopo, alcuni pescatori ritrovarono il ragazzo pietrificato dal dolore nello scoglio che oggi tutti possiamo ammirare. 

I due innamorati si rincontrano ogni cento anni. Questa leggenda mi ricorda un’altra: la notte di Tanabata. Una leggenda giapponese in cui la principessa celeste Orihime e il pastore Hikoboshi si incontrano attraversando la Via Lattea, per poi doversi separare nuovamente per un anno. Entrambe le leggende raccontano l’amore, che né il mare né il tempo possono spezzare.

Vieste è anche un luogo ricco di storia, popolata sin dal Paleolitico, come testimoniano i molti siti archeologici e i reperti ritrovati. 

Il centro storico è pieno di vicoletti e viste mozzafiato. Da vedere:

-la Cattedrale di Santa Maria Assunta, risalente alla seconda metà del XI sec., in stile romanico-pugliese, ad eccezione del campanile ricostruito in stile barocco in seguito a un crollo nel 1772;
– il castello, che sorge al margine del centro, su una rupe a strapiombo sul mare. Purtroppo non sempre è visitabile perché divenuta sede militare.                   Da non perdere il suggestivo panorama che si può osservare dalla balconata.

Se state facendo un giro nel centro storico non potete perdere la scalinata degli innamorati. Ebbene sì, sembra che l’amore sia il filo conduttore di questa città e se non siete romantici, potrebbe essere la vostra occasione per esserlo, almeno per un giorno!

Merita una sosta, fuori città, Torre San Felice, una torre di difesa, osservazione e segnalazione costiera.

Le torri costiere sin dall’antichità sono rimaste il miglior mezzo di protezione contro gli invasori indesiderati dal mare. Ad oggi è cambiato solo il modo di ascoltare e osservare, ma non lo scopo. La torre fu costruita nel 1540, durante il regno del Regno di Napoli.

Grazie alla sua posizione, Torre San Felice è il miglior punto panoramico sulla famosa e bellissima formazione rocciosa Arco di San Felice.

L’Arco  è una creazione mozzafiato della natura, un’imponente struttura rocciosa che emerge dalle acque cristalline del mare Adriatico. Questo arco naturale è il risultato di millenni di erosione, scolpito dal vento e dal mare, ed è un esempio straordinario di bellezza naturale. La sua vista è particolarmente affascinante al tramonto, quando le sfumature del sole che cala dipingono la roccia di colori caldi e avvolgenti. Poco distante dall’arco, si apre la baia, come un abbraccio accogliente verso il mare. Con le sue acque turchesi e la sabbia finissima, è una delle spiagge più incantevoli del Gargano.  Questo luogo è nuovamente appuntato in agenda, sarà il punto di partenza per un’escursioni in barca, per esplorare l’arco da una prospettiva unica e tutto questo tratto di costa meraviglioso.

Grazie ai miei compagni di viaggio, senza il loro coinvolgimento non avrei mai pensato di andare nuovamente sul Gargano, per 24 ore.

Non poteva mancare una sosta aperitivo Molfetta presso @lachiazzod, prima del rientro a casa.

Oria, tra fascino e mistero

Il borgo di Oria è un insieme di stradine tortuose che tra scalinate, passaggi pedonali, colonne romane, mura medioevali e chiese rinascimentali lo rendono un piccolo gioiello dell’entroterra pugliese, ricco di mistero e fascino. Siamo giunti a Piazza Manfredi, punto nevralgico della città, dove oggi come in passato la gente è solita incontrarsi e scambiare due chiacchiere. La piazza si presenta come un corridoio che si allarga in corrispondenza del palazzo del Sedile, dove ci attendeva la Pro Loco.

Il tour “Oria Sotterranea” ci ha rivelato un borgo ricco di storia, racchiuso da un alone di mistero.

Siamo nel medioevo e a causa dei ripetuti crolli, il progetto per edificare il castello si arrestava continuamente. Si diffuse la voce che la città fosse stata colpita da una maledizione, così su consiglio di alcuni veggenti, si decise di sacrificare una bambina innocente e di spargere il sangue lungo il perimetro del castello. La madre disperata per la morte della sua bambina lanciò un monito contro la città: “Possa tu fumare Oria, come fuma il mio cuore esasperato“. Da questa leggenda l’appellattivo di “Oria fumosa”.

Dal Palazzo del Sedile raggiungiamo la Chiesa di S. Antonio da Padova, che custodisce alla suo interno la cripta di San Mauro, visibili sulle pareti ancora gli affreschi, centralmente San Mauro, a destra la Madonna del Melograno.

Lungo le pareti sono pesenti vani verticali, probabilmente preposti ad accogliere i defunti.

Rientriamo attraverso una delle porte della città e giungiamo alla Chiesa di S. Maria dell’Assunta, costruita in stile barocco su una precedente struttura romanica. Questa splendida chiesa cattura lo sguardo fin dal primo istante con la sua imponente cupola, le sue mattonelle policrome e il lanternino a bulbo arabo che aggiungono un tocco di eleganza e raffinatezza al profilo architettonico dell’edifico.

Sotto le sue fondamenta, si cela una sorpresa: la Cripta delle Mummie. Unico nel suo genere non solo in terra salentina, ma al mondo. La cripta delle Mummie è il solo caso in cui ad avere l’onore di essere mummificati sono stati dei laici.

La storia inizia quando Otranto viene invasa dai turchi ed Oria corre in soccorso e come onorificenza a chi tornava vivo veniva concessa la mummificazione.

Il progetto aveva lo scopo di dar loro riconoscenza eterna. Tuttavia, nel 1806, Napoleone Bonaparte emise un editto con il quale vietava le sepolture nelle chiese e le imbalsamazioni. Gli studi sulle mummie però hanno rivelato che tra quelle giunte fino ai giorni nostri, soltanto una è antecedente l’editto, mentre le altre sono tutte riconducibili al periodo successivo, fino al 1858. Prova che ad Oria si continuò clandestinamente la pratica della mummificazione. Il salone in cui si trovano le mummie presenta una volta a botte ed il pavimento in terra battuta sul quale sono poste tre botole che permettono l’accesso ai cunicoli sotterranei allestiti per l’inumazione e conducenti fino alla Torre Palomba. Sopra le nicchie contenenti i corpi degli ultimi confratelli mummificati, vi è una struttura sulla quale sono poggiati i teschi di coloro che sono morti da più tempo.

Ultima tappa di questo tour, Palazzo Martini, situato nel cuore del centro storico di Oria. Il palazzo ospita reperti storic che coprono un arco temporale compreso tra l’età arcaica e quella imperiale romana ed offrono la possibilità di cogliere aspetti significativi della realtà socioculturale delle popolazioni messapiche in relazione al culto dei morti e alle usanze funerarie.

Gli scavi archeologici hanno portato alla luce migliaia di reperti, identificati come offerte votive che riconducono al culto di Demetra e Persefone, in una grotta che si trova sul Monte Papalucio, poco distante dalla città. Echi di antichi culti di guarigione – la papagna” e “lu ‘nfascinu”- che echeggiano ancora nella tradizione contadina.

Un borgo da non perdere assolutamente! Noi ci siamo state in primavera, con il naso all’insù tra il blu e le nuvole che correvano veloci.